La voce di Greta Thunberg non ha fatto breccia in tutti i cuori d’Europa. Mentre l’Ue è riuscita a raggiungere un accordo sul clima al termine di una discussione lunghissima ed estenuante, fissando al 2050 il raggiungimento dell’obiettivo della neutralità climatica dell’Unione, la Polonia ha deciso di defilarsi per continuare sulla propria strada. Varsavia ha alzato un muro insormontabile con gli altri 26 Paesi, che hanno invece sottoscritto l’intesa. Il perché di un comportamento simile arriva dal premier polacco, Mateusz Morawiecki, il quale ha sottolineato che l’obiettivo prefissato dall’Europa è troppo ambizioso e costoso per uno Stato come la Polonia che ancora oggi continua ad affidarsi ai combustibili fossili.

Il presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, si è detta soddisfatta per il grande sostegno ricevuto dalla quasi totalità dei Paesi membri al suo Green Deal, pur comprendendo la posizione della Polonia. Per evitare l’impasse Bruxelles ha concesso una sorta di proroga al governo polacco, che avrà tempo fino al giugno 2020 per aderire alla strategia che farà dell’Unione Europea “la prima regione al mondo a zero emissioni”. Secondo alcune fonti europee, Morawiecki avrebbe addirittura proposto di ritardare l’obiettivo prefissato dall’Ue al 2070.

Lo scontro sul clima

La Polonia di Jaroslaw Kaczynski ha deciso di anteporre gli interessi economici nazionali a un accordo climatico giudicato da Varsavia più di facciata che non effettivamente utile alla causa. I sovranisti polacchi non sono tuttavia gli unici ad aver accumulato più di una riserva sulla linea green intrapresa da Bruxelles. Anche Repubblica Ceca e Ungheria sono rimasti perplessi di fronte all’idea di inserire un tetto alle emissioni di Co2, ma alla fine sia Praga che Budapest, a differenza di Varsavia, hanno detto sì a denti stretti. Come detto, la Polonia avrà tempo fino a giugno per tornare “sulla retta via” indicata dall’Ue. In questo lasso di tempo il governo polacco analizzerà la proposta di von der Leyen sul Fondo per la transizione, uno strumento che in linea teorica dovrebbe aiutare le regioni europee a mettere in atto la transizione al green nei vari settori industriali. La proposta ufficiale dovrebbe essere recapitata ai polacchi – così come agli altri Paesi – il prossimo 8 gennaio.

Transizione green e nucleare

Alcune stime quantificano in circa 500 miliardi di euro il costo della transizione energetica della Polonia: un’infinità per le casse di un Paese che vuole investire i suoi denari per altre politiche. Certo è che la Polonia ha fin qui opposto resistenza a ogni accordo sul clima discusso in sede europea. Riguardo l’ultimo vertice, il Consiglio europeo ha approvato il nuovo obiettivo climatico, avvisando però che “in questa fase, uno Stato membro non può impegnarsi ad attuare tale obiettivo. Il Consiglio europeo tornerà sulla questione nel giugno 2020”. In mezzo a tutto questo von der Leyen si è spinta a parlare addirittura di “successo”. Eppure è sotto gli occhi di tutti: una parte d’Europa non ha alcuna intenzione di collaborare sul clima alle condizioni imposte dai gretini. Accanto alla transizione green c’è anche la questione nucleare che contribuisce a inasprire le differenti vedute tra il cosiddetto blocco di Visegrad e il resto d’Europa. Già, perché mentre Ungheria, Repubblica Ceca e Polonia vorrebbero utilizzare I fondi europei per il nucleare come forma di energia eco-sostenibile, Bruxelles la pensa diversamente.