Jaroslaw Kaczynski ce l’ha fatta di nuovo: il suo partito Diritto e Giustizia (PiS in polacco) ha stravinto alle elezioni politiche polacche di domenica 13 ottobre con oltre 8 milioni di voti e il 43,59% dei consensi, risultato che arriva in scia a un analogo trionfo alle europee di maggio e consentirà al PiS di governare altri quattro anni. Probabilmente, per un’altra legislatura, non sarà l’ex premier Kaczynski a occupare formalmente la carica di primo ministro; tuttavia, l’impatto del leader dei conservatori nel delineare le strategie del loro governo in politica interna e estera è innegabile.

Il PiS ha strutturato una vera e propria “via polacca al sovranismo” nella sua esperienza di governo. La formazione nata dall’esperienza dei sindacati della Polonia post-comunista e delle formazioni cristiano-democratiche ispirate al magistero di Giovanni Paolo II e alla dottrina sociale della Chiesa ha infatti strutturato un’agenda fortemente autonoma nel contesto dell’Europa orientale e della galassia conservatrice dell’Unione.

Il PiS di Kaczynski, infatti, si è plasmato come formazione conservatrice e antiliberista nell’esperienza di opposizione ai governi di Piattaforma Civica, guidati da Donald Tusk, dello scorso decennio. Al governo, il primo obiettivo del partito di Kaczynski è stato il bilanciamento di una crescita economica impetuosa (arrivata  a segnare per il 2018 un +5% e che prospetta per il 2019 un +3,5%) legata a manifattura e servizi con il rafforzamento della rete sociale e del welfare con maggiori investimenti in welfare, sanità, istruzione. Sul fronte esterno, la Polonia ha voluto contrattare al rialzo tra Germania e Stati Uniti per poi progressivamente allinearsi a Washington, vista come antemurale del rivale russo.

L’attuale mandato di governo del PiS sarà cruciale per capire le prospettive di durata della stagione di Kaczynski. Ma quali sono le sfide che attendono il partito del 70enne ex primo ministro?

Il rafforzamento del welfare “cattolico”

La stella polare politica del PiS è la dottrina sociale cattolica, che mira ad armonizzare crescita e inclusività dello sviluppo. Invertendo il trend di anni Novanta e primi anni Duemila, i governi del PiS hanno ribaltato il doppio processo di liberalizzazione che vedeva un’apertura al mercato costante, a costo di ogni conseguenza traumatica, dell’economia polacca e un progressivo smantellamento del welfare, culminato in incrementi dell’età di pensionamento fino quasi ai limiti dell’aspettativa di vita.

Il risultato ha avuto effetti sorprendenti: il rafforzamento del welfare e delle prospettive sociali in diversi campi non ha solo rafforzato le reti di protezione dalle difficoltà economiche per milioni di cittadini, ma anche sdoganato i consumi privati attraverso lo sblocco di ingenti quantità di risorse. Mateus Morawiecki, attuale premier, ha orgogliosamente parlato di “capitalismo alla polacca”, e Kaczynski in vista del voto trionfalmente vinto ha presentato un nuovo modello di welfare centrato sul beneficio diretto dei cittadini (si chiama 500+, una specie di bonus bebè per ogni figlio nato dopo il primo) che, come spiegato dall’ambasciatore polacco a Roma Anna Maria Anders, ha portato le famiglie a ricevere un contributo di 500 zloty per ogni figlio, indipendentemente dal livello di reddito dichiarato.

Sul fronte dell’attivismo dello Stato nell’economia il PiS ha poi rafforzato la presenta delle partecipate pubbliche in diversi settori. Spiccano quello bancario, controllato ampiamente dal Tesoro grazie alle quote dell’istituto Pko Bp e alla presenza di Pzu, colosso statale delle assicurazioni, in diverse banche, quello energetico, egemonizzato dalle aziende di Stato, e quello della grande distribuzione. L’obiettivo del PiS dovrà essere ora il bilanciamento di questo attivismo con un trend che ha portato numerosi colossi dei servizi a guardare alla Polonia come sede di nuove attività.

Una politica estera sempre più atlantica

Il fronte principale di politica estera in cui il PiS è impegnato è quello del “contenimento congiunto” dell’influenza di Germania e Russia sul territorio nazionale attraverso un sempre più saldo asse con gli Stati Uniti, rinsaldatosi con decisione dopo l’ascesa alla Casa Bianca di Donald Trump.

Le parole chiave, in questo contesto, sono due: Trimarium e gnl. Il primo è il tanto discusso progetto di connettività economica tra i tre mari dell’Europa centro-orientale (Baltico, Adriatico e Nero) valorizzato da Washington come cruciale asse geopolitico, dato che l’importanza data dagli Usa al compattamento in senso anti-russo dell’area del Vecchio Continente più strategica per loro. Vie d’acqua, autostrade, ferrovie, gasdotti e oleodotti dovranno plasmare un asse nord-sud resiliente capace di dare alla Polonia, “gendarme” atlantico nell’Est, un ruolo di sentinella contro Mosca…ma anche contro il protagonismo regionale di Berlino.

Per la Polonia del PiS, poi, un modo rapido e efficace di conquistare la fiducia americana è stato individuato nell’avvio di una massiccia campagna di acquisto di gas naturale liquefatto made in Usa, esaltando l’interesse americano per il mercato europeo e contrastando il progetto russo-tedesco del gasdotto North Stream II.

Kaczynski e i suoi dovranno evitare, in futuro, di far precipitare un equilibrio che li vede centrali nelle relazioni euroatlantiche erigendo un muro invalicabile col resto d’Europa che, è bene ricordarlo, è il primo mercato di sbocco e provenienza delle merci polacche prodotte e consumate. In tal senso, il PiS ha giocato con strategia la partita della Commissione europea nascente, garantendo a Ursula von der Leyen i suoi voti in cambio di solide garanzie atlantiche. Ma come si regolerà la Polonia in caso di muro contro muro tra Bruxelles e Washington sui dazi o su questioni di politica estera? Mediare tra geografia e geopolitica, tra presenza in Europa e fedeltà atlantica potrebbe essere la sfida più dura dei prossimi anni di governo dei catto-conservatori polacchi.