Non è una preoccupazione all’ordine del giorno su nessuno degli scacchieri geostrategici che gli analisti occidentali sono soliti vagliare e rivagliare, ma se due potenze nucleari dell’Asia come India e Pakistan innescassero un conflitto tra loro, arrivando a decretare l’impiego di armi nucleari, provocherebbero 125 milioni di morti in pochi giorni. Un tragico olocausto, che non solo è tragicamente “possibile”, ma senza una pronta mediazione esterna rischierebbe di diventerebbe inevitabile.

Se un giorno – che ci auguriamo non arrivi mai – i governi Nuova Delhi e Islamabad decidessero di puntare il loro arsenale nucleare sui maggiori centri abitati del nemico al fine di infierire il massimo danno, con l’obiettivo di portare alla resa l’avversario, il risultato che ne verrebbe si avvicinerebbe a un’apocalisse moderna.

Da sempre potenze rivali nel cuore del continente asiatico, entrambe in ascesa economica e commerciale, India e il Pakistan possiedono armenti nucleari e sono coinvolte in una delle più antiche e irrisolte controversie territoriali del mondo. Hanno già combattuto tre guerre dopo l’indipendenza dal Regno Unito, e sono state protagonisti di numerose crisi che hanno visto l’uso della forza – l’ultima nel febbraio del 2019, quando diverse formazioni di bombardieri e caccia si confrontarono nei cieli del Kashmir. Il primo conflitto tra i due Paesi, si scatenò subito dopo l’indipendenza, nel 1947-48; un secondo conflitto, sempre legato alla questione territoriale del Kashmir nel 1965, e il terzo, per questioni legate al territorio del Bengala, nel 1971. Dopo un lungo periodo di tregua e stabilità, i due Stati, “nemici giurati”, tornarono ai venti di guerra nel 1999  – quando le truppe pakistane attraversarono la linea di controllo in Kargil, per lanciare un’offensiva che avrebbe potuto trasformarsi in uno confronto che avrebbe portato l’escalation sul piano nucleare; se non fosse stato per l’intervento diplomatico degli Stati Uniti, che a quel tempo vedevano seduto alla Casa Bianca presidente Bill Clinton, supportato dal provvidenziale consulente per la sicurezza nazionale Sandy Berger.

Tuttavia, a causa di questa controversia mai risolta, delle politiche nazionaliste attive in entrambi i Paesi, e della perenne tensione regionale, sarebbe ancora il caso di chiedersi cosa accadrebbe se un giorno le relazioni tra India Pakistan si deteriorassero al punto da portare i due Paesi a misurarsi con le armi, e se questa volta, a New Delhi o Islamabad ,qualcuno decidesse di usare armi nucleari provocando la medesima reazione dell’avversario.

Secondo l’opinione di un team composto da dieci ricercatori americani che hanno elaborato scenari per rispondere a questa domanda per ScienceAdvances, almeno 125 milioni di persone potrebbero morire da entrambi i lati del confine per un’escalation che prevedesse l’impiego di missili nucleari. Anche di potenza ridotta. Lo studio, completo delle misurazioni scientifiche che misurano portata, vettori, e potenza distruttiva degli ordigni che sarebbero impiegati nella guerra nucleare tra India Pakistan, dimostra come tutte le guerre del passato, anche quelle mondiali, si ridurrebbero a battaglie di poco conto.

Questo ipotetico conflitto è stato descritto come apocalisse moderna

Attualmente, le stime contano un arsenale compreso tra le 400 e le 500 armi nucleari possedute da i due Paesi (entro il 2025), con una potenza delle testate strategiche compresa tra i 12 a 45 kilotoni. “Se l’India usasse 100 armi strategiche per attaccare i centri urbani e il Pakistan ne usasse 150, i decessi potrebbero raggiungere dai 50 ai 125 milioni di persone e gli incendi con incendi nucleari potrebbero rilasciare dai 16 ai 36 Tg di carbonio nero nel fumo” – a seconda della resa – “Il fumo salirebbe nella troposfera superiore, autoalimentandosi nella stratosfera, e si diffonderebbe a livello globale in poche settimane”. “La luce solare superficiale diminuirà dal 20 al 35%, raffreddando la superficie globale da due a cinque gradi centigradi, e riducendo le precipitazioni dal 15 al 30%, con impatti regionali maggiori”. Il recupero della situazione verrebbe stimato oltre i dieci anni. Danni collaterali e morti dovute al fall-out e alla contaminazione provocherebbero migliaia di morti in tutto il mondo. “A causa delle fitte popolazioni di città pakistane e indiane … anche una guerra con armi da 15 kilotoni potrebbe portare a vittime quasi uguali a quelle mondiali durante la seconda guerra mondiale”, scrivono i ricercatori americani. Queste stime apocalittiche – delle quali saranno al corrente anche le intelligence dei due paesi al centro dell’analisi – potrebbero bastare scoraggiare sia Nuova Delhi che Islamabad da considerare l’uso di testate nucleari su obiettivi quali i maggiori centri abitati come ritorsione; ma ciò non significa che entrambe le potenze non potrebbero decidere di usare teste tattiche su obiettivi militari specifici, innescando comunque l’analoga reazione di chi venisse “colpito per primo”.

Secondo gli esperiti, la dottrina nucleare adottata dal Pakistan è da considerate come “volutamente ambigua”, con i vertici dell’esercito pakistano che hanno sempre affermato come: “Islamabad non esiterebbe a usare un’arma nucleare tattica per difendersi da un’invasione indiana convenzionale”. Per parte sua, invece, Nuova Delhi ha sempre messo in discussione “l’ammissibilità e dei vantaggi strategici di uno strike nucleare” in quelle che vengono definite “circostanze estreme”. “Uno attacco nucleare preventivo su obiettivi nucleari pakistani non è precluso a molti strateghi indiani”. E questo basta a non disinnescare il rischio di un’escalation nucleare in caso di conflitto tra i due. Il presidente americano Ronald Reagan, impegnato a guidare il suo Paese in una delle fasi di massima tensione della Guerra fredda perpetrata con l’Unione Sovietica. Guerra che avrebbe potuto cambiare per sempre il volto del nostro pianeta come lo conosciamo – ammesso che qualcuno sarebbe sopravvissuto per raccontarlo – una volta disse in merito all’impiego di armi atomiche: “Una guerra nucleare non può essere vinta e non deve mai essere combattuta”. E questo è quello che il mondo continua ad auspicare, anche guardano al Pakistan e all’India.