Ci si può arrivare per deduzione: se la Chiesa cattolica, come le elezioni europee hanno corroborato, è impegnata in una campagna di freno rispetto alle formazioni politiche sovraniste, allora vuol dire che le stesse istituzioni ecclesiastiche non disdegnano di avvalorare la tesi progressiste. Può sembrare un ragionamento forzato, ma facendo bene attenzione ai fatti non lo è.

La scena è questa: il cardinale Rehinard Marx, subito dopo l’avvento della formazione ecologista in Germania, ha incontrato il leader dei Verdi. Gli ambientalisti sono appena diventati il secondo partito teutonico. La Spd non ha ancora finito di rimettere insieme i cocci, ma il vertice dei vescovi tedeschi sembra aver già in mente un altro interlocutore. Il Sinodo sull’Amazzonia è alle porte: l’ecologismo integrale sta per entrare a far parte della dottrina ufficiale. Politica e indirizzo pastorale procedono di pari passo. La Conferenza episcopale tedesca, poi, non si è mai risparmiata sulla gestione dei fenomeni migratori. L’Ong Lifeline dovrebbe aver presente quel finanziamento ricevuto dallo stesso porporato: era l’ottobre del 2018. Molto altro da segnalare, rispetto alla prossimità idealistica di quell’episcopato con le formazioni politiche e con generiche realtà ascrivibili alla sinistra che operano nell’agone germanico, non c’è. È tutto abbastanza chiaro.

Poco dopo l’elezione di Emmanuel Macron come inquilino dell’Eliseo, l’episcopato transalpino – lo riporta ancora la Sir – ha parlato mediante un suo esponente di “clima di laicità pacificata con un presidente della Repubblica che ha dato più volte segnali concreti di apertura al dialogo con le religioni”. Bisogna affrancarsi dal linguaggio ecclesiologico, ma interpretando questo virgolettato in chiave d’apertura politica, i vescovi francesi apparvero tutto fuorché scontenti dall’avvento dell’enfant prodige. Non c’è stata la possibilità di registrare la stessa “contentezza”, quando Marine Le Pen e il Rassemblement National hanno primeggiato nelle urne, scavalcando En Marche! un mese fa. Anzi, in passato tre presuli d’Oltralpe – si apprende sempre sull’agenzia citata – hanno provato a porre qualche paletto elettorale ai cattolici, sconsigliando la preferenza lepenista. Le presidenziali sono andate come sappiamo.

Cosa aggiungere rispetto alla presunta vicinanza tra certi alti ecclesiastici statunitensi e l’universo politico democratico a stelle e strisce? Si può procedere per esclusione. Quando Il Corriere della Sera si è occupato dei “cardinali che tifano Trump”, è emerso come si trattasse di “settori minoritari”. Lifesite News ricorda di quando l’ex cardinal Theodore McCarrick, che è poi stato ridotto allo stato laicale da Jorge Mario Bergoglio per vicende note ai più, ebbe a scrivere un articolo di sostegno sul Washington Post all’obamiano accordo di non proliferazione nucleare con l’Iran. Anche in relazione ai rapporti della Chiesa americana con le formazioni politiche non è possibile sentenziare mediante preposizioni assolute, ma se i “cardinali trumpiani” sono tre o quattro, gli altri verso quale parte propendono? James Martin, gesuita e consultore della Segreteria per la Comunicazione, ha da poco bocciato il documento sull’ideologia gender della Santa Sede. Volendo incasellare il suo orientamento politico, dove lo collochereste?

L’ecologismo integralista, con tutto quello che ne consegue in termini di panteismo naturalistico, e i “nuovi diritti” propagandati dalla comunità Lgbt non fanno di sicuro parte della Chiesa per come eravamo abituati a conoscerla. Sui migranti, come sapete, esiste un grande dibattito: la tendenza teologico-culturale maggioritaria si dice sicura che l’accoglienza sia insita nei precetti del Vangelo. La stretta delle istituzioni ecclesiastiche verso questo trittico prioritario, quello composto da ambientalismo e accoglienza assoluta, cioè erga omnes, nei confronti dei migranti e delle cause portate avanti dalla minoranze, forse giustifica un certo dissapore provato da quella parte di base cattolica che continua a preferire una presa di distanza dal progressismo. Rimane intatta, per ora, la fermezza papale sulla bioetica che allontana un abbraccio ideologico che, altrimenti, sarebbe davvero evidente.